“Dire sì alla vita, nonostante tutto”: il significato della sofferenza secondo Viktor Frankl

FRANKL V.E. L’uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti, Franco Angeli, Milano, 2017

“L’amore per la vita, nonostante tutto”. S’intitola così, con una sintesi efficacissima, la presentazione di Daniele Bruzzone, Presidente dell’Associazione di Logoterapia e di Analisi Esistenziale Frankliana e Professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a questo testo senza tempo, che ha il pregio di riunire in un unico volume le memorie che lo psicologo viennese scrisse nell’aprile del 1945 in soli 9 giorni, dopo due anni e mezzo di prigionia in vari campi di concentramento, e altri suoi scritti che delineano concetti-chiave della Logoterapia da lui coniata e sistematizzata.

L’eredità di Viktor Frankl è straordinariamente moderna e applicabile a tutti i campi di “situazioni-limite” che possono presentarsi nella vita dell’uomo e che “sfidano la capacità umana di resistere e di sopravvivere”, quindi anche al tempo della malattia e dell’inguaribilità: si basa sull’assunto fondante che la vita vale la pena di essere vissuta, in tutte le circostanze, perché l’uomo non può mutarle, ma può scegliere come affrontarle e ha la responsabilità della sua scelta, potendo “mutare una tragedia personale in un trionfo”.

La sua analisi della vita quotidiana dei deportati in un Lager evidenzia, grazie all’esperienza che lui stesso ha fatto, che la dignità dell’uomo può rimanere integra proprio nel modo in cui si pone, nella sua libertà, di fronte agli eventi e ai comportamenti altrui, perfino i più disumani e umilianti, e nel modo in cui i suoi interessi spirituali lo aiutano a resistere, ma non solo: addirittura a crescere nella forza interiore che plasma e trasforma una quotidianità fatta di angherie, di assurdità e di spersonalizzazione che miete, come una falce in un campo di grano, chi si trova a subirla e soccombe.

Il racconto lucido e intenso del prigioniero n.119.104 è da assorbire e metabolizzare perché ricco di episodi tragici e drammatici che colpiscono al cuore, ma è, al contempo, interamente intessuto di speranza e di umanità così autentiche che lo rendono intrinsecamente attuale. L’uomo ha in sé delle potenzialità che possono aiutarlo a compiere un cammino di “autotrascendenza” e di “autodistanziamento” che lo portano alla consapevolezza che “la risposta al perché del male e della morte non è in nostro potere… la risposta alla domanda sul per-che della vita, invece dipende interamente da noi: sta a noi decidere per chi o per che cosa siamo disposti a vivere, soffrire e persino morire”.

Per coltivare queste potenzialità e renderle reali, l’uomo dispone di una cassetta di attrezzi emotivi e cognitivi tutta da esplorare, come l’umorismo, inteso come modo di vedere le cose da una certa distanza e da un altro punto di vista, la contemplazione della natura e l’arte come balsamo per l’anima e luce sul cammino, la capacità di visualizzare l’essere amato tanto da sentirlo realmente accanto e da trascendere la durezza della realtà e il dono di seminare gentilezza e amore con piccoli gesti e rinunce a favore di un altro da sé.
Naturalmente, momenti di paura, sconforto, disillusione e disperazione sono sempre in agguato e lui stesso, nel campo e appena liberato, li provò tutti… Perché la conquista di questa libertà interiore e resilienza spirituale non è senza prezzo.

Speranza, emozioni contrastanti, rischio di cadere nell’abisso, accettazione, negazione, patteggiamento, depressione, rabbia, gratitudine… La ricerca del significato, faticosa, non lineare, ma anche appassionante e sorprendente, è allora ciò che sostanzia la vita dell’uomo ed è unica e irripetibile per ognuno: ecco ciò che ritorna come filo conduttore anche di chi si avventura nella terra straniera di una malattia, specialmente se senza possibilità di guarigione, e può trasfigurare il dolore in un’ottica di senso.

L’invito è a sostare anche noi sulla soglia di queste storie condivise: forse proprio grazie al potere terapeutico della scrittura, che permette di rielaborare, avere uno sguardo dall’alto e riordinare i vissuti, Frankl ha potuto farci questo dono, perché “scrivere, probabilmente, gli consentì di metabolizzare la materia grezza del dolore trasformandola in nutrimento per l’anima”.
Sua e di chi, come noi, l’accoglie con gratitudine.

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