EXITU E. Di cosa è fatta la speranza, Bompiani, 2023
Cominciamo dalla fine, rispecchiando la libertà narrativa che Emmanuel Exitu, in questo suo primo avvincente romanzo, rivendica a buon diritto: l’aver disseminato qua è là qualche indizio non propriamente “biografico” dà piena luce al suo modo personale di essersi accostato alla persona di Cicely, ispirato alla sua vita vera, sostanziato da lunghi studi e ricerche sul campo e poi rivestito di quel fascino che viene dalle storie romanzate, quelle che non vedi l’ora di continuare a leggere perché ti affezioni ai personaggi ed entri in qualche modo anche tu a far parte di essa.
Cominciamo da Paula, dunque, una vera “paziente fondatrice”, una di quelle che costituiscono le fondamenta spirituali del St. Christopher’s Hospice e senza la quale Cicely non avrebbe imparato a riconoscere i veri bisogni di chi, in modo unico e irripetibile, ha una malattia inguaribile e sta per morire.
Paula è una giovane donna che ben presto si rivelerà preziosa per tutto il reparto e per Cicely stessa per questioni anche molto più “materiali”… Ma vi lasciamo scoprire da soli perché, pagina dopo pagina, in una lettura piacevole e ricca di sorprese!
Soltanto una nota, che testimonia come questa si riveli proprio la parola-chiave del romanzo, quella che, non per nulla, compare già nel titolo: anche per lei la speranza si rivelerà un farmaco potente e sottile, trasformativo e rigenerante fino all’ultimo.
Che dire, invece, del trio inseparabile Cicely-Teresa-Rosetta? Una di quelle amicizie che significano “esserci” sempre: per condividere fatiche e gioie, per essere sgridate quando una delle tre sbanda, per essere incoraggiate quando si ha voglia di mollare, per scherzare con una tazza di the o un bicchiere di vino, per vivere una sorellanza al di là dei legami di sangue… Anche per loro, la speranza è il leit-motiv che le guida e le motiva, anzi sono tra le persone che “la fanno accadere”, come suggerisce l’autore stesso sottolineando che la speranza si incarna nelle persone per essere motore di cambiamento e di crescita interiore.
Cicely, poi, è proprio lei: alta, goffa, non proprio attraente, un po’ sgraziata, pignola e precisa all’inverosimile, ma anche geniale e intuitiva fin dai tempi della Nightingale Nursing School, sotto la straordinaria guida di Mrs Gatlin, quando si distingueva per capacità organizzativa, per un modo tutto personale – e “oltre le regole”- di prendersi cura dei malati e per le sue doti da leader. Proprio “una bella tipa”, la nostra Cicely!
Nei suoi rapporti familiari, è ritratta in modo autentico: legame tormentato con la madre, affettuoso con il padre e complice con i suoi fratelli, che sempre la supporteranno nel suo sogno di creare “la casa attorno alla finestra” in modo concreto e operativo.
Un lavoro di squadra vero e proprio, tra approvazioni e discussioni intelligenti, proprio come Cicely stessa intendeva essere il lavoro al St Christopher’s accanto ai pazienti: creare l’atmosfera di una vera casa, dove potessero sentirsi al sicuro e mai soli.
Potremmo continuare all’infinito nel rintracciare particolari, episodi e figure che appartengono davvero alla storia affascinante della Dottoressa Cicely Saunders, ma che sono ammantati, al contempo, di quella lievità narrativa che li rende proprio quelli, eppure “altri”. Ma il bello è prendere il libro e assaporarlo pagina dopo pagina, nel crescendo della narrazione e nel dipanarsi della storia… Ve lo consigliamo davvero!
Grazie, Emmanuel, per questa tua fatica letteraria che ha un merito eccezionale: essere il primo romanzo italiano interamente dedicato alla storia della fondatrice delle Cure palliative… che contribuirà sicuramente a farla conoscere – e apprezzare – anche ai non addetti ai lavori.